Resoconto Commissione Lauree Estere
17 Sep 2014
Panorama sulle lauree estere, con particolare interesse alla questione
spagnola e alla qualità dei corsi in Italia.
L'Associazione Italiana Studenti di Odontoiatria ha come scopo fondante tutelare la categoria di studenti dei corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria italiani; per conseguire i propri fini fa ricorso ad ogni suo mezzo, adoperandosi sia a livello nazionale che internazionale.
Nel 2014 A.I.S.O. si è attivamente impegnata sul fronte delle lauree all'estero, questione che porta molti cittadini italiani a studiare in paesi della Comunità Europea evadendo il sistema a numero programmato istituito dal M.I.U.R. e minando alla base una professione che necessita di una regolamentazione nazionale.
Era il 1999 e l'A.I.O., sostenuta dall'AISO, richiedeva a gran voce una programmazione del numero di dentisti sull'intero territorio italiano al fine di garantire un'odontoiatria di qualità nell'interesse della salute dei pazienti, principio sottolineato più volte anche dalla WHO; sin dal 1986 alcune università limitavano autonomamente il numero di posti disponibili per determinati corsi (in particolar modo medicina, odontoiatria e giurisprudenza) con decreto del rettore, ma già allora esistevano i ricorsisti. La posizione di AIO ed AISO venne presa osservando l'allora nascente, ma già esponenziale, aumento del numero di studenti (e quindi futuri professionisti): nel 1990 erano appena 18.144 gli odontoiatri iscritti all'albo, numero che nel corso degli anni '90 subì un'impennata continua ed incontrollata, dovuta all'aumento spropositato di giovani alla ricerca di un posto come odontoiatra nella società. Il 2 Agosto 1999 venne istituito il numero chiuso con la famosa legge 264 e dal 1 gennaio 2000 il blocco è diventato costituzionale; questo provvedimento voleva - nelle sue intenzioni iniziali - impedire che il fenomeno crescesse a dismisura, al giorno d'oggi possiamo notare che, nonostante tutto, il numero di iscritti all'ordine degli odontoiatri aumentò dal 2006 (51.975) al 2012 (58.203) del 12%. Se il sistema funzionasse o meno secondo gli uomini d'allora non sta a noi dirlo, ma le sue falle sono evidenti, basti pensare ai “fiumani”: alcuni nostri compaesani infatti si dimenticarono che Fiume non è più nel territorio italiano dal 1947
- e che ora si chiama Rejika - quindi si laurearono lì, tornando a casa e pretendendo di esercitare.
Sebbene in realtà la situazione fu molto più complessa dal punto di vista burocratico, ciò che ci interessa notare è quanto vecchia sia la questione delle lauree all'estero. Sorridendo all'astuzia degli italiani ci torna in mente il proverbio popolare “fatta la legge trovato l'inganno”, che ad un buon intenditore ricorda la “norma generale esclusiva”.
Ad oggi il numero di studenti ammessi ai corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria in Italia è inferiore a quello dei professionisti che ogni anno si iscrivono all'albo. Premettendo che da fonti attendibili ed autorevoli ci risulta che la CAO è a conoscenza di medici chirurghi che tuttora riescono ad iscriversi all'albo dei dentisti, ciò costituisce in realtà un problema isolato e poco influente, nonostante dovrebbe essere reso illegale dalla legge 31 ottobre 1988 n. 471.
L'apparente abisso è presto spiegato con gli studenti laureati in altri paesi, fenomeno possibile e legale grazie alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, un'arma a favore degli studenti più ambiziosi e di più larghe vedute che possono così formarsi presso prestigiose
università straniere senza rischiare di non poter esercitare una volta rientrati in Italia. Le intenzioni con cui l'Europa ha lavorato alla direttiva sono delle migliori, ma vista la realtà dei fatti è giusto chiedersi: è forse un problema? In condizioni normali possiamo tranquillamente affermare che non lo sarebbe, ma si sa che il mondo non va preso per come vorremmo che fosse, ma per come è davvero. Per poter dare una risposta adeguata dobbiamo avere chiari due concetti: in primo luogo quasi tutti gli Stati Membri hanno una programmazione a numero chiuso dei corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria, tranne alcuni remoti paesi dell'est - sui quali torneremo fra poco – e alcune università di difficile controllo, in secondo luogo la libera circolazione dei professionisti
permette agli odontoiatri abilitati di iscriversi agli albi di un paese comunitario attenendosi alle normative vigenti. Con queste premesse è facile capire come la numerosità totale dei professionisti in Europa non dovrebbe cambiare, ma quando di mezzo c'è la burocrazia difficilmente i conti tornano.
Le citate università dell'est sono spesso oggetto di critica, sono sottovalutate, sono viste come di seconda fascia, su di loro circolano mormorii e congetture, troppo poco per l'AISO. All'incontro EDSA dell'ultima settimana di agosto 2014 ci siamo confrontati con altre realtà e siamo venuti a conoscenza del fatto che la tanto citata Romania ha invece un buon sistema universitario e che i corsi in odontoiatria e protesi dentaria non valgono meno di diversi corsi italiani che, purtroppo, sono ancora fermi alle sole lezioni frontali. In Romania esistono università pubbliche di massimo rispetto come la Carol Davila University di Bucarest, i cui studenti si sudano la laurea e guardano con disprezzo alle università private frequentate da molti giovani non rumeni – leggasi italiani - in quanto quest'ultime sono strutturate secondo le leggi del mercato, non secondo esigenze sanitarie e deontologiche, e ciò rovina l'immagine dell'università in generale agli occhi della Comunità Europea. Restando aldilà dell'Adriatico dobbiamo ammettere che le parole di Samjr Tahiri, attuale ministro dell'interno albanese, non ci sono poi così sconosciute; a proposito dello scandalo delle lauree in Albania emerso grazie al famigerato Renzo Bossi, figlio dell'ex segretario della Lega Nord, Tahiri affermò che ci sono “studenti italiani che anche senza venir qua hanno preso il diploma”. Ad alcuni può sembrare impossibile, ma la questione è purtroppo ben più grande se si considera che vi sono circa 30 università a Tirana, ma per non fare di tutta l'erba un fascio è doveroso ammettere che non tutte sono come quelle considerate da Tahiri nella citazione sopra
riportata. La più famosa è certamente la Our Lady of Good Counsel, entrata nel ciclone delle lauree mediche per il gemellaggio con Tor Vergata e il conseguente scandalo di studenti che accedevano al corso in Albania per poi trasferirsi in Italia, cosa che uno studente italiano (contrario e dispiaciuto) a Tirana ci conferma non essere più possibile in nessun modo. Poco importa però, perché gli italiani continuano ad andare lì e, diversamente da quanto mostrava il programma
Lucignolo 2.0 in uno dei suoi servizi, l'università è piena di studenti che si sono subito ripresi dopo lo scandalo e si sono arresi a dover fare 5 anni all'estero senza test d'ingresso, seguendo lezioni in italiano con professori italiani che, nonostante il burrascoso passato, vengono lì da Tor Vergata.
Forse sbagliamo noi, ma eravamo piuttosto convinti che l'Albania non fosse una nazione europea - e che quindi dovesse essere estranea alle agevolazioni del mercato della Comunità Europea - e pur essendo ufficialmente un paese candidato da non più tardi di giugno 2014 non riusciamo a capacitarci di quanto facilmente il sistema riesca a corrompersi permettendo a certe falle di diventare vere e proprie voragini. Citando altre mete troviamo la ceca Charles University – Praga e Hradec Kralové, l'Universitas Ostraviensis (sempre ceca), nell'est troviamo la University of Debrechen e la University of Szeged in Ungheria - quest'ultima ospiterà il 56° EDSA Meeting nell'agosto 2015 -, ma per restare nella penisola italiana basta guardare agli ISMA che permettono i primi due anni a San Marino, per poi spostarsi nella Medical University of Sofia.
Il grosso delle lauree all'estero però si gioca agli antipodi europei, più precisamente in Spagna.
A.I.S.O. ha voluto far chiarezza sul complesso sistema di alcune università spagnole che
“riservano posti” a studenti di cittadinanza italiana per i corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria: sono l'UEM, l'UEV e l'UAX, tutte e tre private. Nel paese iberico le università pubbliche prevedono che i CLMOPD siano regolamentati da un numero programmato e gli studenti devono vincere un concorso pubblico piuttosto selettivo per poter essere ammessi, così come avviene in Italia. Ma le università private sopra citate, funzionano come quelle italiane? Mentre in Italia il San Raffaele e la Cattolica rispettano il numero chiuso con un apposito concorso, in Spagna gli atenei privati fingono di avere un tetto posti e chiedono una prenotazione: il candidato studente deve fermare il proprio posto versando una determinata somma economica: è la famosa “ reserva de plaza” o “reserva de matrìcula”, ma serve? Una nostra fonte parla di “numero chiuso fittizio”, riportando l'esempio della UEM afferma che di facciata questo ateneo prevede un colloquio in cui il candidato deve dare prova della propria idoneità al corso di laurea; di fatto lo studente italiano viene tranquillizzato sul problema della lingua, gli viene chiesto perché vuole studiare odontoiatria e alla fine gli vengono date le coordinate per il pagamento. Nessuno studente - in grado di pagare - viene rifiutato. Su come funzioni il numero chiuso è difficile dare una spiegazione razionale, visto che ogni anno il primo anno aumenta di numerosità. Le diverse fonti di AISO concordano nel dire che il numero di studenti è così elevato che questi atenei devono suddividere gli anni in più classi: pochi anni fa la UEV contava 3 classi da massimo 70 studenti l'una, con circa 50 italiani per classe; stessa cosa per l'UEM, i cui studenti erano molti di più: al primo anno 7 classi da 50 studenti l'una, con una percentuale di italiani del 60-70%, per arrivare agli ultimi anni con 4-5 classi sempre di 50 anime con la stessa percentuale di italiani. Tendenzialmente le ultime classi erano quelle dove ripiegavano gli studenti che avevano provato il test senza però passarlo ed erano costituite per la stragrande maggioranza da italiani. Le fonti riferiscono di un campus invaso da italiani, talvolta arroganti e scontrosi quando si tratta di parlare del test italiano - e di chi è entrato -, alcuni dicono che chi entra è un raccomandato, che “non vale nemmeno la pena provare il test” o perché “tanto entra chi vogliono loro”, oppure perché “anche se l'avessi provato non sarei entrato comunque”. Ci siamo fatti raccontare come sia vivere nella Spagna tricolore e abbiamo scoperto che tutti gli intervistati ammettono che nessuno studente è andato a studiare in quelle università per prestigio, per fare un'esperienza all'estero, bensì perché non hanno passato il test in Italia o perché, come riferisce una fonte “se devo scegliere se farmi uno o due anni a biologia perché non sono entrato, più sei anni di corso, oppure venire qui e in 5 anni sono già abilitato cosa dovrei
scegliere?”. Come dar loro torto, lo stesso ministro Stefania Giannini ha ammesso le criticità del sistema a numero programmato e la verità e sotto gli occhi di tutti: ogni anno un consistente numero di studenti che non passa il test ripiega in altri corsi di laurea, preparandosi per un secondo assalto, senza tuttavia sapere se si riuscirà ad entrare. Ma se esistesse la possibilità di evitare tutto ciò? Se anziché 6-7 anni la nostra carriera accademica ne durasse appena 5? Ci laureeremmo un anno prima, immettendoci nel mercato del lavoro in anticipo rispetto ai nostri coetanei, non male. Purtroppo però questa soluzione non è alla portata di tutti, ma di quella ristretta cerchia di persone appartenenti ad una famiglia ricca.
La retta cambia a seconda dell'università scelta e dal modo in cui ci si approccia ad essa, ovvero se ci si muove come privati o tramite 'agenzia'; già perché esistono anche aziende specializzate nello sbrigare le pratiche burocratiche che permettono ad un cittadino italiano di laurearsi all'estero, rassicurandolo sulla fattibilità di un sistema già collaudato da anni di esperienza e garantendo l'automatico riconoscimento del titolo di odontoiatra in Italia, esempi di questo tipo sono CEPU e di EFI. Ma qual è il costo di questo sistema? Se si decide di appoggiarsi ad un'agenzia, per poter risolvere in tempi ragionevolmente rapidi le pratiche burocratiche, si parla di circa 2.000 euro per persona per EFI, soldi percepiti dall'azienda solamente per l'immatricolazione al primo anno di corso in qualità di tramite fra studente e università, mentre CEPU si accontenta di 50.500 € (IVA inclusa, tranquilli), includendo nel prezzo anche i primi due anni in lingua inglese a Chiasso, vicinissima a Como, trattenendo però da questa cifra ben 32.000 €, 16.000 per ciascuno dei due anni.
Gli atenei privati spagnoli sono anch'essi dispendiosi, per la retta chiedono: 10.000 €/anno UEM e UEV, tra i 16.000 e i 18.000 €/anno UAX. Tutto questo non è comprensivo di vitto e alloggio, che sono a carico dello studente: infatti all'UAX per una stanza singola con un letto ad una piazza e mezza, con pulizie e servizio mensa inclusi, si spendono più di 1.000 €/mese, quasi un obbligo visto che nell'università ha sede nel comune di Villanueva de la Cañada, con appena 11.701 abitanti. Per l'UEM l'alloggio presso l'università non è necessario, pur considerando che l'ateneo non ha sede nella capitale, ma in Villaviciosa de Odòn, il cui comune conta 22.000 abitanti: ci accontano che molti più studenti italiani di quanti se ne possano immaginare abitano a gruppi in case con piscina, spostandosi con una macchina di proprietà, in uno scenario che ricorda molto i film americani sulla vita del college.. Per l'UEV la situazione è diversa, visto che è la città stessa di Valencia ad ospitare il corso di laurea, permettendo agli studenti di accordarsi come meglio preferiscono con i privati della città.
Chi pensa che i costi finiscano qui si dovrà ricredere, perché il sistema di queste università prevede anche il pagamento di una tassa extra per ogni esame che non viene conseguito entro la sessione straordinaria: si va dai 100 €/credito dell'UAX ai 180 €/credito dell'UEM. Lo studente che non riesce a dare un esame entro la sessione straordinaria, dunque, pagherà dai 1000 ai 1800 € per poter seguire nuovamente un corso da 10 crediti, procedura necessaria per poter sostenere nuovamente l'esame. Questo aspetto non va sottovalutato perché bisogna tener conto che sono esami di materie scientifiche, espressi con un lessico specifico in lingua spagnola, affrontati da studenti italiani che hanno appena sostenuto l'esame di maturità; in queste università nessun professore parla italiano, ma tutti parlano spagnolo con gli studenti, qualsiasi sia la loro nazionalità, pertanto è lo studente italiano a doversi adattare. Le nostre fonti sono discordi sul problema della lingua, alcuni affermano che senza nessuna conoscenza della lingua spagnola è difficile, nella città di Valencia alcuni parlano lo spagnolo catalano, accento che rende ancora più arduo per gli italiani seguire le lezioni. Una fonte conferma le difficoltà nonostante un corso intensivo estivo, mentre un'altra fonte asserisce che dopo un anno di studio di spagnolo la lingua resta un problema non indifferente. Altri premettendo che la lingua non è semplice, asseriscono che ciò non costituisce un problema, ci siamo fatti spiegare il perché. Prima di tutto bisogna considerare che durante le lezioni teoriche i professori spiegano in larga misura da slide, pertanto i termini essenziali sono sempre riportati nel materiale didattico a disposizione dello studente; in alcune materie la situazione apparentemente si complica perché diversi docenti impostano la lezione mostrando casi clinici, stimolando una discussione nella quale però i nostri connazionali si confrontano tra di loro in italiano e venendo sistematicamente richiamati dal professore, un po' come accadeva alle scuole superiori durante le lezioni di inglese. Ma lingua a parte, il corso è oggettivamente impegnativo?
Per una serie di motivi la risposta è no, ma andiamo per ordine. Non c'è dubbio che i professori siano competenti ed ottimi insegnati, sono disponibili e danno vita a lezioni spesso interattive, spronando la partecipazione degli studenti; il materiale didattico è sempre disponibile, così come il docente stesso che può essere raggiunto via e-mail e talvolta addirittura via Skype. Tutto ciò esiste perché ci tengono a seguire gli studenti, ad evitare che restino indietro; per lo stesso fine le università private propongono prove in itinere con quiz a risposta multipla valutati in 10 - anziché trentesimi -, con la sufficienza posta a 5 anziché sei. Come se non bastasse ci riferiscono che la difficoltà delle domande è nettamente inferiore a quanto uno studente italiano è normalmente abituato; una fonte in Erasmus alla UEM ci ha raccontato il suo IV anno e ci ha riferito che per preparare l'esame di ortodonzia ha studiato la bellezza di una settimana, per poi doverla riprendere completamente in mano una volta ritornata in Italia, ma non perché non le potesse essere riconosciuta, bensì per la superficialità con cui è stata trattata. Cambiando aria andiamo alla UEV, dove un ex studente ci racconta che all'esame di anatomia del primo anno un professore chiese di indicare dove fosse il rene; sempre nella stessa università, all'esame di fisiologia una domanda tipo consisteva nel dire se una pressione sanguigna di 150 mmHg fosse bassa, normale o alta. Una terza fonte riferisce che pur avendo conseguito gli esami alla UAX ha deciso di non farseli riconoscere dall'università italiana attualmente frequentata, preferendo rifarli per avere una solida base teorica. In generale si sostiene che la preparazione teorica di uno studente di odontoiatria di una di queste tre università private spagnole non sia affatto comparabile a quella di un laureato in Italia. Lo studente che si laurea in uno dei suddetti corsi di laurea lo fa a giugno del quinto anno, in una cerimonia alla quale prendono parte tutti gli studenti dell'anno di corso; questo avviene perché ci dicono essere quasi impossibile restare indietro nel corso degli anni e, non esistendo la tesi di laurea, il carico di lavoro è molto più leggero rispetto ad un collega in Italia.
Come se ciò non bastasse, lo studente in Spagna non deve affrontare alcun Esame di Stato - la laurea è abilitante all'esercizio previa iscrizione all'albo -, differentemente dal modello italiano, nel quale tuttavia l'esame presenta una percentuale di successi prossima al 100%. Il paragone tra le due realtà non lascia spazio ad equivoci: la qualità della preparazione teorica è sorprendentemente bassa, ma allora perché tutti gli studenti esaltano questi corsi di laurea? La risposta sta in un lato essenziale della formazione di un professionista che scarseggia nella quasi totalità dei corsi di laurea italiani, con le dovute e rispettate eccezioni: la pratica. Già perché UEM, UEV ed UAX prevedono lezioni in laboratorio e tirocini clinici. Il laboratorio è disponibile sin dal primo anno, con modellazione dentaria con plastilina, laboratorio di fisiologia, laboratorio di anatomia con modelli accurati, aule precliniche in cui si impara prima ad usare lo specillo, poi a montare la diga su un manichino, a prendere le impronte. Il tirocinio è obbligatorio e ogni materia è costituita da un modulo di teoria ed uno di pratica, non è possibile accedere all'esame senza uno dei due, cosa che sembra ovvia, ma non è così: basti pensare che in molte università italiane il tirocinio è presente solo sulla carta e lo studente non vede quasi mai la clinica, deve faticare ed adoperarsi per poter fare pratica; a ciò si aggiungono i comportamenti scorretti di docenti di più realtà che firmano i tirocini agli studenti intimando loro di non presentarsi e qualora lo facciano non è detto che possano fare qualcosa di più che limitarsi a vedere. Scoraggiante.
Spesso in Italia succede che le Università presentino un piano di studi che comprende una parte assistenziale clinica, ma A.I.S.O. è in grado di dire che questa è solo una trovata dei corsi di laurea per attirare studenti e non perdere prestigio. Esistono atenei in cui il corpo docente costituisce una vera e propria lobby e per lo studente risulta quasi impossibile poter ottenere ciò che gli spetta di diritto: una formazione professionale così come presentata nel piano di studi, complici anche gli specializzandi che spesso non permettono agli studenti seguiti di muovere mano nelle bocche dei pazienti.
Gli italiani che non passano il test dunque vedono queste realtà come una possibilità,
un'escamotage che permette loro di non perdere un anno; la sicurezza sulla fattibilità fornita dalle aziende rasserena i loro animi e un numero sempre maggiore di nostri connazionali parte per la Spagna. Ma in tutto ciò cosa ne pensano gli spagnoli? Ce lo siamo chiesto e abbiamo saputo che mentre in un primo momento la UEM - dalla quale si è successivamente distaccata la UEV - e la UAX erano viste come Università di alto livello, il cui nome era rispettato ed ambito, ora invece gli studenti delle università pubbliche sono scocciati, hanno etichettato questi atenei come macchine che sfornano laureati e l'alto tasso di stranieri - per lo più italiani - che vengono accettati solo per aumentare il fatturato ne ha screditato il nome. Sia a causa dell'aumento degli italiani che si stabiliscono nella penisola iberica, sia per la sfiducia da parte dei giovani ispanici, la percentuale di studenti spagnoli diminuisce di anno in anno.
La nostra politica iniziale è stata quella di capire la legalità del fenomeno, da un lato criticando il fatto che le lauree all'estero siano una possibilità per pochi, quindi non una vera opportunità, dall'altro chiedendosi come fosse possibile che lo Stato italiano ignorasse la portata delle lauree all'estero. Questa nostra perplessità deve ancora trovare risposta. A.I.S.O. sta lavorando per far sì che le università italiane aumentino la loro qualità, garantendo per quanto possibile una
formazione professionale completa con un'adeguata assistenza clinica. Pur sapendo che è impossibile supplire alle lacune dei corsi di laurea, A.I.S.O. attiva annualmente brevi corsi pratici in molte università, possibili grazie alle partnership stabilite dagli studenti con importanti aziende del settore odontoiatrico, nella speranza che presto qualcosa cambi, perché il divario nella preparazione pratica che separa molti corsi di laurea italiani da quelli spagnoli - e da alcuni italiani - è imbarazzante, inadeguato ed assolutamente non funzionale.
Come se non bastasse A.I.S.O. punta il dito contro la politica delle università italiane che in modo sconsiderato aumentano ogni anno il numero di posti disponibili, scaricando la colpa ora sul MIUR, ora su questioni finanziarie, ignorando completamente invece le raccomandazioni della WHO che sottolinea l'importanza di un rapporto professionista/pazienti di 1/2000, al fine di garantire un'odontoiatria di qualità alla popolazione. I dati parlano chiaro, il fenomeno della pletora
odontoiatrica - a cui prendono parte gli studenti che si laureano all'estero - non può essere ignorato e il rapporto, che in Italia è vicino a 1/900, deve essere arginato quanto prima: le Università devono responsabilizzarsi e diminuire il numero di posti per il corso di laurea, mentre lo Stato deve intervenire sulla questione delle lauree all'estero, una macchia che sta assumendo dimensioni sempre più impressionanti.
La CLE ha iniziato ad affrontare il problema fra gennaio e febbraio 2014 chiedendosi: “come può il fenomeno delle lauree all'estero essere legittimo?” Per dare una risposta dobbiamo fare un tuffo nel nostro passato recente. Il tutto ebbe inizio nel contesto del Processo di Bologna, un processo internazionale nato nel 1999 da 29 ministri dell'istruzione europei che sottoscrissero la
Dichiarazione di Bologna, con la quale si impegnarono a riformare ed uniformare i sistemi d'istruzione superiore europei, con il fine di creare lo Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore che ha consentito agli studenti di proseguire gli studi in un altro paese europeo; dietro le quinte di questo enorme passo in avanti, sinonimo di coesione ed opportunità, vi è nascosta la macchina delle università europee. Gli studenti laureati sono legittimati dagli articoli 4 e 21 della citata direttiva 2005/36/CE, che trattano gli effetti del riconoscimento ed il riconoscimento automatico, mentre in Italia il riferimento è alla legge 24 luglio 1985, n.409 (Gazzetta Ufficiale 13 agosto 1985, n.190, Supplemento Ordinario). E' doveroso citare l'eccezionalità di un evento che riguarda l'Università di Modena e Reggio Emilia: era in corso l'anno accademico 2011/12 e l'ateneo acconsentì il trasferimento di alcuni studenti da università private della Spagna per evitare di dover chiudere un corso di laurea che contava pochissime adesioni; in un primo momento il suddetto corso di laurea cercò trasferimenti in entrata da altre università italiane, ma poi dovette ripiegare.
Ciò non è più possibile grazie alla sentenza del Consiglio di Stato 01722 del 10 aprile 2014, di cui il presidente CAO Renzo sottolinea l'importanza, augurandosi che “possa segnare un’inversione di tendenza nel contenzioso giuridico relativo a queste tematiche”. Per i lavoratori il discorso è più semplice, il riferimento è alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali - art. 3, paragrafo 1, lettera c) -, pilastro fondante dell'Unione Europea, ribadito dal D.Lgs 8 luglio 2003, n.277. Con grande umiltà la conoscenza dell'A.I.S.O. si ferma qui, dopo lunghe discussioni sulle possibili soluzioni al problema presentate agli Stati Generali dell'odontoiatria a luglio 2014, sistematicamente respinte ad eccezione del numero programmato europeo che, nonostante le perplessità del sito informativo Odontoiatria33, sembra essere una soluzione percorribile, appoggiata dagli Stati Generali. Sul suolo italiano l'A.I.O. ha sempre appoggiato l'A.I.S.O., aiutandoci quando credevamo di essere i soli a gridare giustizia; ora la CAO ci ha permesso per la prima volta di sederci al tavolo degli SG, dandoci un'opportunità che non dimenticheremo. Dopo anni di silenzio siamo tornati in Europa, parte dell'E.D.S.A., una famiglia di più di 66.000 studenti il cui potere sociale e politico non può essere sottovalutato né ignorato.